giovedì 29 maggio 2008

Bloggo dello scrittore

Molti piccioni con una fava. Mi misuro con la tecnologia provando a postare un video da youtube. Motivo implicitamente la mia lunga assenza dal blog attivo. Vi faccio vedere un bel corto: dura 7 minuti, lo so che son tanti, ma se scrivevo un inutile post ogni giorno e voi gli dedicavate un solo minuto (che non è tanto)....diciamo che ho fatto una pausa di post per accumulare credito, quindi guardate il video, almeno i primi 3 minuti, fino a che non tratta di Calvino.
Buona visione e a presto.

giovedì 22 maggio 2008

Jamie Livingston

Secondo post in un giorno. Scusate. Ma volevo che più persone possibile rivivessero la storia che ho appena letto. Era su repubblica.it, quindi qualcuno l'avrà già vista. Per gli altri consiglio di guardare questo post del blog di Chris Higgins. È lento a caricarsi ma ne vale la pena. Se non avete tempo o preferite l'italiano all'inglese, questo è l'articolo su repubblica.it (le immagini della photogallery sono le stesse).
Perchè questo post? Forse perchè questa storia è stata portata alla luce proprio dalla tenacia di un blogger. Ma forse solo perchè mi ha fatto (quasi) piangere.




8° lezione. Copyright, copyleft

Seconda parte della lezione "Non c'è la legge quindi...".
Il copyright e il suo contro, il copyleft. La salvaguardia dell'opera creativa intellettuale "nell'epoca della sua riproducibilità tecnica" (per dirla alla Benjamin) è un tema difficile ma di grande attualità. Davvero illuminanti i lemmi di wikipedia precedentemente linkati, si consiglia la lettura. Per gli sfaticati un breve riassunto.
Copyright è l'insieme delle normative sul diritto d'autore. Esaminandole soprattutto in riferimento al mondo della rete, risulta evidente la difficoltà e forse lo scarso realismo del legislatore. In Italia, ad esempio, lo scambio (upload e download) di file protetti da diritto d'autore è reato penale, punibile con multe fino a 3000 euro e anche con la reclusione. Ma l'enormità del numero delle persone che scaricano quotidianamente film, canzoni, immagini, video, ecc. grazie al file sharing e al peer-to-peer garantisce di fatto l'impunibilità, quindi la reiteerazione del reato.
Il legislatore prova a prendere provvedimenti: per esempio nel 2007 con la direttiva Ipred2 il Parlamento Europeo ha sancito l'obbligo dei Service Provider di fornire dati personali degli utenti in caso di contestazioni da parte dei detentori dei diritti d'autore.
Chi sembra prendere provvedimenti più efficaci sono i grandi gruppi editoriali, i più danneggiati dalle tecnologie di scambio file su Internet. Alcune di loro hanno iniziato a diffondere gratuitamente i file (musicali soprattutto), usandoli come specchietti per le allodole di altre iniziative commerciali a pagamento (si paga il contorno per avere il piatto principale gratis).

Left, come sinistra (contrario di right=destra), ma anche e soprattutto lasciare. Di copyleft ho sentito parlare per la prima volta lunedì. Da quello che ho trovato sulla rete ho capito che è un concetto molto complicato.
Di sicuro si sa solo che esiste. Il copyleft è un tipo di licenza open che permette a tutti gli utenti di accedere al codice sorgente di un programma in maniera completamente libera e gratuita.
Particolarmente affascinante, anche per un non esperto informatico come me, il fatto che il copyleft sia caratterizzato da 4 libertà basilari
  1. la libertà di usare a propria discrezione e di studiare quanto ottenuto
  2. la libertà di copiare e condividere con altri
  3. la libertà di modificare
  4. la libertà di ridistribuire i cambiamenti e i lavori derivati

Cosa ancora più meravigliosa, la modalità di diffusione di una licenza copyleft. Con il mito di wikipedia e di altre iniziative dove altre persone si danno da fare per concedere gratuitamente qualcosa alla collettività, si può ben apprezzare l'idea iniziale di Richard Stallman, inventore del copyleft, di renderlo obbligatorio per i programmi derivati da sorgenti in copyleft. Questa grande idea, che apre e guarda verso una comunità globale, è però realizzata oggi solo nei copyleft forti, mentre quelli di tipo debole, dopo aver subito modifiche, vengono rivenduti licenziati da un tradizionale copyright.

martedì 20 maggio 2008

8° lezione. Io praivaso, tu praivasi, egli praivasa...

Ultima lezione, dai toni conclusivi. Due i concetti chiave su cui riflettere: privacy e copyright.

L'idea di privacy in rete si presta a diverse considerazioni. La prima si ricollega allo spauracchio della censura su internet: sembra un controsenso, ma anche la rete è soggetta a forti limitazioni. Il problema è però più complesso: il divieto di diffondere informazioni personali su un individuo, va effettivamente a ledere il grado di libertà di espressione della rete? Nel caos dovuto all'assenza di una legislazione adeguata, la risposta degli utenti di Internet sembra, allo stato dei fatti, essere: "chissenefrega". Questa leggerezza nel considerare questo tema è data dalla doppia faccia che la privacy assume sul web (e dalla scarsa sensazione di punibilità quando ci si trova in una di quelle faccie).
In sostanza: ciascuno di noi può essere su Internet come soggetto operante (se ha un sito, un blog, è in una chat, lascia un commento...) o come oggetto passivo (se qualcuno parla, scrive, carica immagini o filmati su di noi). Quando si è dalla parte attiva si hanno tutte le possibilità di rimanere nel più completo anonimato (almeno nei confronti della maggior parte degli utenti). Un nickname o un avatar spesso bastano a creare una barriere di privacy che solo il soggetto può, volontariamente, oltrepassare.
Se ci si trova dalla parte dell'oggetto, le cose si fanno molto più complicate: essere parte passiva ci rende succubi di ogni utente. Non abbiamo quasi mai la possibilità di difenderci sulla rete. Ancora peggio va nella realtà, dove è proprio la segretezza della maggior parte degli utenti (quindi, con ogni probabilità, anche di chi ha rivelato nostri dati sensibili) a impedirci di rivalerci su qualcuno per avere giustizia. Dulcis in fundo, di fronte ad una denuncia vengono spesso a mancare le prove: una pagina web può essere facilmente messa off-line e, dopo aver fatto il suo danno, non essere più a disposizione dei magistrati.

domenica 18 maggio 2008

Terapia e pallone

1° tempo. Come molti di voi dovrò sostenere l'esame di Linguaggio del giornalismo con il professor Tarantino. Come qualcuno di voi ho scelto come testo facoltativo "Gli stregoni della notizia" di Marcello Foa. Per quelli che non lo hanno letto e mai lo faranno, vorrei citare un interessante aneddoto riguardante la chiarezza e la coerenza dell'agire e della comunicazione politica. Nelle primarie repubblicane per le presidenziali USA del 2000, lo spin doctor dell'allora senatore Bush, Karl Rove, diffuse nelle segreterie di ignari cittadini statunitensi messaggi che accusavano il rivale di George W. di essere mentalmente instabile e di avere avuto un figlio da una relazione extraconiugale con una donna asiatica (stoncandogli così la possibilità di correre per la Casa Bianca). Indovinate come si chiamava quel candidato...non ne avete idea? Ma sì, è proprio John McCain. Lo stesso John McCain che ora il presidente Bush elegge a suo successore . Ma la gente ha poca memoria.

2° tempo. E se ha poca memoria per ricordare qualcosa successo 8 anni fa, sembra andare ancora peggio per qualcosa che si è visto solo poche ore prima.

Con che diritto millantano una finale di un torneo femminile di tennis con la quale magari un tifoso deluso (ovvero qualsiasi tifoso non di Inter o Catania) possa riaddomesticarsi con lo sport? Vedere i rovesci della Jankovic sul maxischermo alle spalle di Mino Taveri che parla della festa dell'Inter, come se la notizia che lo porta ad accantonare la finale dell'Open di Roma fosse una cosa assolutamente inattesa, da edizione straordinaria con Emilio Fede in mutande...
Partiamo dall'inizio: martedì 31 luglio 2007, alle 19, in diretta proprio su Italia 1, va in onda il sorteggio del calendario della serie A di calcio. L'ultima giornata è fissata per il 18 maggio, come sempre alle ore 15. Ora mi dico: ma possibile che con più di 9 mesi di tempo, quelli di Italia 1 non si siano accorti che domenica 18 maggio si sarebbe concluso il campionato?
Nessuno ha chiesto a nessun canale di trasmettere questo piuttosto che quell'evento. Ma ciò che si chiede è crispetto per quello che è stato promesso. E per il pubblico, se non è troppo disturbo.

sabato 17 maggio 2008

Chi si chiude nella Rete si strangola

Come in uno dei miei primissimi post ritorno a parlare del sito repubblica.it, e in particolare delle sue particolarissime photogallery. Si parla delle accuse di xenofobia piovute da mezza Europa sull'Italia dopo le prime iniziative anti immigrazione clandestina del governo. A metà pagina campeggia la scritta: "le immagini: leggi i giornali stranieri". "Niente di più corretto - mi dico - che citare le fonti dirette". Si entra in una photogallery. Si possono osservare e anche leggere (la qualità e le dimensioni dell'immagine lo consentono) stralci di articoli provenienti dal mondo anglosassone (Gran Bretagna e Stati Uniti, ma anche Canada e Australia), dalla Spagna, dalla Francia e dalla Germania. Delle 20 immagini, 9 si riferiscono ad una versione cartacea di un quotidiano, 11 ad una elettronica. Proprio su queste ultime si concentra la mia riflessione. Le pagine internet di altri siti di informazione non sono linkabili. Sono solo immagini. Se con il puntatore le indicate e premete il tasto sinistro, passate all'immagine successiva.
Credo sia un po' ipocrita millantare una completezza di informazione citando la stampa estera e poi impedire agli utenti di approfondire personalmente la propria ricerca, temendo chissà quale perdita di pubblico. E, per le caratteristiche e potenzialità della Rete, credo sia anche piuttosto inutile.
Anzi controproducente: posto che per trovare una a caso delle pagine rappresentate ho impiegato (grazie a Google e al virgolettato del titolo dell'articolo) esattamente 0,15 secondi, se repubblica.it mi avesse concesso attraverso di lei di risalire alle fonti dirette, avrebbe acquistato credito ai miei occhi e una volta successiva non avrei utilizzato Google, fidandomi della sua autorevolezza. Quindi repubblica.it ha scelto, per poca lungimiranza, di non avere potere su di me. E ha scelto di confermare il motto che se uno è bravo la Rete lo riconosce, ma se prova a fare il furbo lo riconosce ancora di più.

venerdì 16 maggio 2008

La solitudine delle materie prime

Nessuno che abbia avuto il coraggio di chiederlo. Perchè il costo del diesel ha raggiunto quello della benzina? Mi sono documentato per capire quali possono essere i motivi, quali sono le differenze fra un prodotto e l'altro: la benzina si ottiene dalla distillazione del petrolio. Il gasolio anche. La benzina si ottiene con un processo noto da oltre 100 anni. Il gasolio anche. Perchè se aumenta il petrolio sono io a dover pagare lo scotto maggiore, si chiede un normale cittadino. Lo stesso cittadino che al momento di acquistare la sua auto aveva deciso di sostenere una spesa maggiore sperando di rientrare dell'investimento risparmiando nel lungo periodo sul carburante. Lo stesso cittadino che non capisce di accise proporzionali, che vengono alzate in maniera maggiore al diesel per chissà quale motivo (forse perchè finalmente gli italiani si erano decisi a comprare oltre la metà di auto a gasolio). Lo stesso cittadino che pensa che non sia giusto cambiare le regole in corsa. Lo stesso cittadino che pensa che se aumenta il prezzo di una gallina, non possono aumentare in maniera diseguale il prezzo del petto e quello della coscia.

Ps: ringrazio tutti quanti hanno votato al primo sondaggio di questo blog. Il grande successo di pubblico mi lusinga e mi sprona a proporne un altro. Spero comunque di riuscire a lasciare per alcuni giorni i risultati si questo, altrimenti, se blogspot me li cancella, li posterò.

giovedì 15 maggio 2008

Forumpa. Goonies e le notti delle mille e una tag

Dopo più di mezz'ora (non esagero) a cercare queste benedette tag sul sito di forumPA decido che non è giornata e prima di abbandonare guardo il video sulla home page: esattamente al secondo 18 compare la risposta alle mie preghiere. Con una nuova carica mi butto sui termini che mi attragono di più. Prima però penso (e con voi lo condivido) al sadismo di non mettere in home page le tag, ormai strumento fondamentale, pelopiù in un portale. E dopo essermi sentito un ragazzino alla diaperata ricerca di un tesoro, uno dei Goonies, per esempio, mi immagino Alfonso come un moderno Willy l'Orbo che nasconde con ogni abilità i propri possedimenti.

Dopo questa sfuriata/confessione mi addentro in alcune tag (che per chi ha problemi a caricare il video sono qui).
Comincio da Voip ma sono poco fortunato: a parte l'elenco degli espositori e la collocazione dettagliata degli stand (tra l'altro utilissima se mi dovessi recare a Roma) per la comunicazione voce via internet non c'è altro.
Tento con l'e-learning, argomento di cui ho almeno una minima conoscenza. Oltre a espositori e piantina, compaiono 5 convegni. Provo un progetto di e-learning dell'istituto Superiore di Sanità. Il progetto è interessante: in concreto si tratta di tenere aggiornati e formare continuamente gli operatori sanitari (leggi infermieri) attraverso i mezzi informatici e la modalità e-learning.
Assaggio anche un po' di e-democracy: dei 10 convegni mi attrae (forse perchè scritta male) "Larga banda per il superamento del digital divide": no citato nel titolo, si parla solo di Sardegna. Dando un'occhiata ci si dovrebbe consolare sulle condizioni del digital divide in Italia (100% dei comuni sardi entro fine 2009). Il dubbio resta forse sul termine banda larga, usato come sinonimo di ADSL in una situazione normativa di scarsa chiarezza.
Sempre sui temi dell'innovazione strutturale, entro nel tag wi-fi e wi-max. Con mio grande stupore i convegni sono solo 2: dall'abstract del primo, si intuisce che l'incontro è molto generico, più orientativo che esecutivo. Del secondo addirittura si perdono le tracce nella foresta delle url-anti. La scarsa considerazione per la nuova tecnologia per la connessione sconcerta un po'. E delude anche, soprattutto considerando gli oltre 1000 contatti con la presentazione del convegno sulle reti wireless a fronte di una media di 30-40 contatti per le altre conferenze precedentemente prese in esame.

mercoledì 14 maggio 2008

Intermezzo

Affido questo post alla mia vena umoristica (e alla facilità di ricerca delle informazioni inutili sulla rete). Ho trovato diverse simpatiche citazioni che riguardano il mondo dell'informatica e di Internet. Oltre a fare ridere, forse possono servire per riflettere un po'. Si comincia.

"In TV conta chi sei, nella vita quello che fai, in rete quello che sai" (Fabio Montuori)

"Io non temo i computers. Temo la loro mancanza" (Isaac Asimov)

"La fabbrica del futuro avrà solo due dipendenti, un uomo e un cane. L'uomo sarà là per dare cibo al cane e il cane per impedire all'uomo di avvicinarsi alle apparecchiature" (Warren G. Bennis)

"Se il settore dell'automobile si fosse sviluppato come l'industria informatica, oggi avremmo veicoli che costano 25 dollari e fanno 500 Km con un litro"(Bill Gates)
"Se le auto funzionassero come i software, si bloccherebbero due volte al giorno senza motivo e l'unica soluzione sarebbe reinstallare il motore"(dirigente General Motors)

"Una volta un computer mi ha battuto a scacchi, ma non ha avuto nessuna possibilità con il kick boxing" (Emo Philips)

"I videogiochi non influenzano i bambini. Voglio dire, se Pac-Man avesse influenzato la nostra generazione,staremmo tutti saltando in sale scure, masticando pillole magiche e ascoltando musica elettronica ripetitiva." (Hiroshi Yamauchi, Nintendo Inc. 1989)

"Penso ci sia un mercato mondiale per forse 5 computer" (Thomas Watson, Presidente IBM 1943)

martedì 13 maggio 2008

7° lezione. Velocità e linguaggio dedicato

Via spediti per recuperare il tempo perso causa week end al mare.

Arrivo tardi che si parla di SMS. O meglio di telefonini. O meglio di mezzi di comunicazione. O meglio (definitivo) di come una tecnologia influisce sul linguaggio. Come sempre le modifiche non vanno tutte nella stessa direzione: alcuni linguaggi si sono evoluti (internet e telefonino hanno raggiunto grandi livelli di rapidità comunicativa), altri sono involuti (sopra tutti il totem quotidiano tradizionale, che oltre a mantenere la sua fisiologica lentezza, ha anche abbassato qualitativamente il lovello della sua comunicazione).

La velocità di comunicazione diventa quindi un criterio fondamentale, un discrimine fra una comunicazione efficace e una inutile (ovviamente efficace o inutile a discrezione del mercato). Ma l'esigenza di velocità rende impossibile l'elaborazione e la cura di un linguaggio. Quale soluzione si prospetta all'orizzonte? La parola si ridurrà a semplice strumento di accompagnamento dell'immagine? A salvarci dal totalitarismo delle didascalie sarà la specializzazione del linguaggio, conseguenza inevitabile di quel processo ancora da venire che è una differenziazione dei target. Quando i vari comunicatori smetteranno di essere generalisti e si sceglieranno ciascuno una nicchia in cui sopravvivere, verrà naturale la creazione di un linguaggio dedicato, che unirà e fidelizzerà gli appartenenti ad una determinata nicchia (persino indipendentemente dal contenuto della comunicazione). Il giornalista tradizionale muore, ma nascono tante figure specializzate pronte a farsi largo fra la selva di copincollisti. Pronti alla sfida?


Tornato dalla gita marittima, ancora in auto la macchina fotografica. Ne approfitto per immortalare l'aula Ferrari. Le schiene e le teste chinate dei futuri ex giovani. Sul fondo un prossimo lavoratore a tempo indeterminato.

6° lezione. Celo celo manca

Assente alla lezione di sabato 10 maggio, approfitto bassamente del lavoro dei colleghi. Inizio riportando parte del post di Alessandro Bulfarini, che trovo semplice da capire e chhiaro nella struttura:

"Negli ultimi anni ha avuto luogo un'efficace digitalizzazione della radio e della tv che hanno sfruttato in modo immediato tutte le moderne tecnologie messe a disposizione. Oggi, mediante strumenti come lo streaming è possibile vedere in rete una grande quantità di contenuti che tradizionalmente guarderemmo in tv, oltre a visualizzare e scaricare filmati e scene che ci eravamo persi. Anche in questo caso l'interattività la fa da padrona.Lo sviluppo della televisione digitale e le sue interazioni con internet hanno delineato un nuovo panorama caratterizzato da:1- aumento del numero dei canali e delle emittenti: sono sempre più diffuse le emittenti che trasmettono alcuni programmi o addirittuta completamente sul web.2- nuove modalità di offerta: il webcasting e la webtv costruiscono palinsesti che non sono più basati sull'organizzazione dei ritmi e delle durate della messa in onda, ma in base alla costanza di temi e generi o all'individuazione di uno specifico segmento di audience, facendo uso delle modalità "near video on demand" ( medesimo programma o slot di programmi in continuazione) e "video on demand" (modello interattivo che consente al telespettatore di scegliere da un menù quello quello che gli interessa e modificare la velocità di visione).3- nuove forme di consumo: interattività e personalizzazione4- nuovi spazi di consumo: si assiste allo sviluppo di una relazione modificata tra lo spettatore e il suo spazio di fruizione che, grazie soprattutto al portabilità dei terminali di fruizione, può realizzarsi in qualunque luogo.Il fenomeno della digitalizzazione ha investito anche la radio, il cui crescente potenziale multimediale permette oggi di attivare le modalità di pay-per-listen o audio on demand che facilitano il rapporto interattivo con il pubblico.Ad ogni modo, che si parli di televisione o radio, risulta via via più evidente una progressiva convergenza dei media su un'unica piattaforma digitale, che permetterà di cambiare radicalmente le nostre abitudini e le nostre possibilità."

Ps: mi sono avveduto ora che l'url del mio blog (come tutti quelli di blogspot) ha il viziaccio di trattenere l'utente internet inibendogli la funzione indietro del browser. Sapendo quanto la cosa infastidisca me, chiedo venia denunciando la mia totale estraneità ai fatti.

giovedì 8 maggio 2008

Brand e Internet. Da oggi al Mc prendo la Fanta!

Si naviga un po' per i siti di comunicazione d'impresa.
"I grandi brand hanno un target molto mirato. Non è un loro interesse fare accedere chiunque, quindi molta grafica e pop up che appaiono a ogni angolo. Video iniziali con la possibilità di skippare. Musica e molte immagini. Ulimo prodotto in grande evidenza, menu di servizio più defilato". Questa era la teoria di Alfonsiana memoria.
La pratica non si allontana troppo nelle linee guida, ma riserva diverse sorprese, sia iin positivo sia in negativo.
Partiamo da una nota curiosa. Se si inserisce l'url nike.it si finisce su un sito di un produttore di lampade in vetro e acciaio. Per noi una risata (se siamo dell'umore) e un lieve fastidio nel selezionare il tasto indietro del browser. Per la Nike (produttrice di scarpe e abbigliamento sportivo) un fastidio molto, molto maggiore (ma registrare per tempo un dominio è buona pratica anche per le aziende minori, quindi chi è causa del suo mal pianga se stesso). Arrivati all'indirizzo corretto dell'azienda dell'Oregon, parte in automatico uno dei 5 filmati pubblicitari (uno per ogni tipologia di prodotti). I video in streaming sono molto pesanti (la mia Adsl 4 mega non riesce a caricarlo abbastanza rapidamente da impedirgli di fermarsi più volte). Per andare all'approfondimento che i filmati dovrebbero suggerire si deve intuire che la scritta che c'è tra lo schermo e la barra di scorrimento è un link: assolutamente non facile, se si considera anche che quando si passa con il mouse su un link non viene visualizzato in basso nel browser l'indirizzo cui sono destinato (cosa fastidiosissima per un utente come me, sono io che navigo e voglio sapere dove vado). Altra nota dolente (non è l'ultima ma è l'ultima che scrivo) la necessità di reinserire ogni volta che si passa da una sezione all'altra del sito la propria lingua madre. Un po' più di memoria è un problema tecnologicamente non insormontabile.
Continuiamo nella discesa agli inferi (per poi risalire, lo prometto) con la Coca-cola. Quello che è il simbolo più conosciuto al mondo (precede la croce di Cristo di diverse lunghezze) ha un sito fra il terribile e l'imbarazzante. La bottiglia da cui esce l'arcobaleno (ripresa della pubblicità televisiva) e un jingle della durata di 29 secondi che si ripete all'infinito non sono un triste video iniziale: nessuno skip vi salverà, questa è la pagina principale, bellezza, e tu non puoi farci niente! A peggiorare le cose, oltre al fatto di non avere un pulsante per spegnere questa dannata musichetta, è l'impostazione generale. In basso si trova il menu di rimando ai diversi rami dell'azienda. Almeno penso che sia così, perchè è sritto con carattere 2 (non sto esagerando, vi sfido a leggere quello che c'è scritto). Più sopra 4 immagini che linkano a sezioni di concorsi (prima di accedervi ci si deve sorbire l'intero filmato pubblicitario) e alla parte interattiva (peccato che i loro pop up vengano rilevati pericolosi dal mio sistema che me li blocca). Frustrato, mi viene voglia di stordirmi di Coca-cola. Forse il sito ha raggiunto il suo obbiettivo?
Saliamo decisamente. Il sito italiano di Microsoft è semplice, lineare. Boccata d'aria fresca. Manca il video iniziale, e a parte il grande spazio pubblicitario di apertura ricorda la costruzione di un blog. Sicuramentemolto apprezzato da chi lavora sulla rete, che, in fin dei conti, è il target principale dell'azienda.
Concludiamo con quello che ritengo il migliore fra tutti quelli che ho visto. Da McDonald's non sapranno cucinare cibi sani, ma i siti li sanno fare bene. Niente video iniziale, direttamente nell pagina principale (giocata sulle forme quadrate) con un jingle che non dura più di 9 secondi e non si ripete più. In basso menu leggibile che linka velocemente a pagine graficamente uguali alla prima (così io, che sono abitudinario, non mi disoriento). Tutto è in prima pagina: la news letter, la parte interattiva (commenti e spazio domande), le possibilità lavorative, la ricerca del ristorante (che parolone) più vicino, le iniziative sociali, i concorsi a premi e gli ultimi panini, il greco e quello con la pancetta sfrigolata. Decisamente di mio gusto. Anche il sito però non è male...

martedì 6 maggio 2008

5° lezione. Pubbliche reprise, Imprese, Sociali

Breve lezione ma densa di contenuti. Si specificano i termini accessibilità e usabilità (qui già trattati in un post precedente) soprattutto in relazione alla comunicazione delle pubbliche amministrazioni.
L'accessibilità, lungi dall'essere diffusa e uniforme (il protocollo W3C è ancora facoltativo), dovrebbe garantire la possibilità di accesso e di fruizione del materiale in rete da parte di persone disabili. Oltre a una grandezza minima dei caratteri (necessaria per gli ipovedenti) si dovrebbero evitare pop up, flash e animazioni. È qualcosa cui non si pensa, ma spesso un sito con una grafica più banale può consentire una serena navigazione a quegli utenti con problemi nervosi o di epilessia, i quali risultamo molto danneggiati dalle parti in movimento o anche solo eccessivamente colorate del video.
L'usabilità dovrebbe fare da garante agli utenti tecnologicamente svantaggiati: da un lato allegati meno pesanti e riduzione di video, filmati, ecc. per permettere l'accesso anche a chi ha una connessione più lenta della media, dall'altro lato l'utilizzo di software free (i più diffusi sono Open Office e Adobe Acrobat Reader) per permettere a tutti gli utenti un accesso ai documenti, prescindendo da qualsivoglia programma licenziato a pagamento.
Sia in ottica di accessibilità, sia in ottica di usabilità, torna fondamentale (e non siamo forse noi qui per questo?) la questione del linguaggio. Una comunicazione pubblica o istituzionale deve rivolgersi alla totalità dei cittadini. Un linguaggio semplice e lineare avvicina gli utenti svantaggiati (fisicamente o tecnologicamente); un linguaggio uniforme avvicina gli utenti che non la pensano come noi o che non fanno parte della nostra cerchia.
La comunicazione pubblica non può assolutamente permettersi il lusso di comunicare con pochi, di scegliersi il proprio target. Questa è prerogatica della comunicazione d'impresa, che è tutta un'altra cosa.
Puntando più sullaltro punto, l'interattività, le aziende private tendono a fidelizzare la loro clientela, prima attirandola sul sito grazie ad un marketing globale che fa rimbalzare il consumatore dalla rete al prodotto reale (per esempio con concorsi a premi o omaggi da scaricare), poi cercand di acquisire i suoi dati sensibili per poterlo tenere nel circuito della propria pubblicità mirata. In tutto questo la parola passa in secondo piano.
Dove invece la comunicazione scritta si fa valore principale è nella comunicazione sociale. Per cronica mancanza di fondi, le organizzazioni no-profit puntano molto su internet per la loro comunicazione (oltre ai costi ridotti, la rete ha il vantaggio di raggiungere tutti e di creare consenso). La grafica (animazioni, pop up, ecc.) è una delle parti più costose di un progetto web. Ecco il primo motivo per cui la parola ritrova tutto il suo spazio e la sua forza; non è però trascurabile il fatto che lo scritto risulta fondamentale nella costruzione di un network sociale, grazie alle migliori possibilità che apre nel campo dell'interattività fra ente e utente.

lunedì 5 maggio 2008

Internet: il pericolo della facilità

Quattro giorni fuori dalla civiltà e quando torno scopro che la mia dichiarazione dei redditi è stata messa on line. Bene o male? Privacy o trasparenza? Sinceramente mi risulta difficile dirlo. Il confine fra le libertà individuali e l'interesse pubblico è, oltre a un terreno minato, un argomento che mi ha sempre molto affascinato. Ma tralasciando il casus belli e le polemiche di questi giorni, che mi porterebbero a considerazioni di natura politica (ora non un mio primario interesse), mi è venuta alla mente una considerazione.
Si è sempre correttamente detto che una cosa scritta su un giornale cartaceo ha molta più autorevolezza e molto più peso di una cosa che appare solo su internet. La rete è anche così poco soggetta alle leggi della censura (e spesso della querela) da permettere la pubblicazione anche su siti giornalistici molto frequentati (l'esempio per eccellenza è dagospia) di notizie che per motivi di interesse o per un diffuso moderatismo non trovano spazio nei quotidiani tradizionali.
Ecco qui che invece che i ruoli si invertono. I giornali possono pubblicare tutto quello che vogliono, è il sito dell'agenzia delle entrate che va oscurato immediatamente. Il perchè è molto facile da capire. Dato per scontato che le dichiarazioni dei redditi sono da anni atti pubblici, visionabili da chiunque ne faccia richiesta al comune di residenza del contribuente, è la comodità a fare la differenza. La natura dei dati non cambia, ma la nostra possibilità di accedervi. Solo un vero ficcanaso sarebbe uscito di casa, si sarebbe recato in municipio con le necessarie marche da bollo, avrebbe compilato i necessari moduli....il tutto per sapere quante tasse pagava il suo vicino. Volete paragonarlo alla comodità, facilità, anonimità e velocità di un click? Quindi via libera ai giornali, che, a patto di non voler disboscare la foresta Amazzonica, non possono pubblicare i nomi e i conti di tutti gli italiani, limitandosi ai personaggi famosi ("hanno voluto essere famosi, che abbiano almeno qualche disagio"). Stop invece a Internet, troppo, troppo comodo. E potente.

In conclusione. La rete ha delle potenzialità completamente inesplorate. Quelli che la usano, anche per scopi istituzionali, lo fanno come se fosse un gioco, senza sapere di avere in mano un'arma potentissima, e soprattutto senza sapere in che direzione quest'arma sia puntata.

domenica 4 maggio 2008

Amministrazioni pubbliche e internet

Breve post per un estratto interessante di un pezzo dal blog di Luca Rasponi che può essere utile per chi si vuole proporre magari per uno stage in un piccolo e arretrato comune della provincia italiana. A me è succcesso, e come molti colleghi ho dovuto curare il sito internet: se avessi avuto questi riferimenti credo che avrei lavorato meglio.

"La comunicazione delle Pubbliche Amministrazioni è regolamentata dalla legge 7 giugno 2000, n. 150, che il professor Alfonso ha consigliato di leggere in quanto considerata una conoscenza di base per un comunicatore (non solo pubblico-istituzionale). Ogni sito dovrebbe, e quindi quelli delle pubbliche istituzioni in particolare, garantire quattro requisiti fondamentali alla propria utenza:
1) accessibilità
2) usabilità
3) interattività
4) aggiornamento.

Questi quattro punti costituiscono le chiavi della comunicazione in rete."

giovedì 1 maggio 2008

4° lezione. Governo.it vs Governoinforma.it

Cosa distingue la comunicazione istituzionale dalla comunicazione pubblica?
La prima riguarda un'istituzione, qualcosa di stabile nella società, e ci fornisce una informazione di conoscenza.
La seconda riguarda tutto ciò che ha un interesse pubblico, e ci da una informazione di servizio.
Questa differenza di obbiettivo si riflette nelle diverse tipologie di linguaggio che le due comunicazioni assumono: più fredda e didascalica quella istituzionale, più semplice e coinvolgente quella pubblica.

Due esempi decisamente vicini al nostro professore sono governo.it e governoinforma.it, siti istituzionali di comunicazione rispettivamente istituzionale e pubblica (divisi e non più uniti per motu propio di Alfonso in persona).

Lascio che a parlare dei due siti sia Serena Scermino, che ha postato sul suo blog un post molto puntuale e che gode della stringatezza, dono del quale io sono in perpetua carenza. Unico appunto che faccio a Serena, come già ho scritto nel commento al suo post, i rischi del sito del governo francese nel tenere unite le due parti (diciamo che il prof e la mia inettitudine a navigare nei siti istituzionali mi hanno convinto che è sempre meglio fare le cose separate, quasi a prova di cretino). Cito da Serena:

"Dopo un’attenta analisi del portale del Governo italiano Governo.it e il magazine online dello stesso Governoinforma.it, ho constatato che i due progetti in un certo modo si compensano: il primo è interamente improntato sulla comunicazione istituzionale, il secondo offre invece molta più interattività (per esempio proponendo, nella sezione La vostra opinione, occasioni di dialogo con i cittadini sugli argomenti più dibattuti) e diverse informazioni di servizio.
Come abbiamo detto diverse volte, gli altri Paesi sono molto più evoluti rispetto a noi per quanto concerne l’interattività: per esempio ho visitato il sito del Governo francese constatando che, oltre a concentrare in un unico spazio quello che in Italia abbiamo diviso in due siti, presenta un Forum, strumento fondamentale che permette un dibattito democratico e senza censure tra tutti i cittadini.
La Casa Bianca ha addirittura sposato il podcasting ed ha fondato una propria radio (White House radio) alla quale si ci può sintonizzare da qualunque parte del mondo dal sito web della Casa bianca."

4° lezione. Politici e Internèt

Si parte a parlare di comunicazione politica da Italia.it, portale molto discusso e le cui vicende devono aver in qualche modo sfiorato la vita professionale del prof. Alfonso. Lo spunto per parlare di come il mondo politico si relazioni con il mondo di Internet c'è tutto. Si parte dal presupposto che l'impegno del politico sul web, e nei blog in particolare, è scarso: d'altra parte il gioco non vale la candela, poche decine di migliaia di voti su decine di milioni non cambiano mai (o quasi) il risultato di un'elezione.
I pochi politici che si mettono in gioco sulla rete, scivolano spesso nei 3 errori che un blogger dovrebbe evitare a tutti i costi: la scarsità dell’aggiornamento, l’unidirezionalità e l’inadeguatezza del linguaggio.
Il mancato aggiornamento fa perdere di credibilità agli occhi dell’utente (chi è aggiornato dimostra di essere sul pezzo e se è bravo la rete glielo riconosce).
L’impossibilità di commentare se non registrati, o (peggio) il doversi sottoporre ad un esame da parte di qualsivoglia persona quando si vuole lasciare un commento, impedisce di fatto una comunicazione bidirezionale fra politico e lettore del blog. Con l’unidirezionalità che la censura porta con sé, si perdono tutti quei vantaggi di scambio di opinioni e di confronto che il mezzo tecnologico racchiude in sé.
Il linguaggio autoreferenziale, mai lontano dal politichese, crea un’ulteriore barriera fra cittadino e politico. Una semplificazione della comunicazione (basterebbe un semplice glossario) andrebbe a favorire l’avvicinamento alla politica e la comprensione anche di chi è più in difficoltà. Sono molti gli strumenti disponibili e quasi del tutto inutilizzati (tag, key-word, link, abstract) che potrebbero dare nuove e più approfondite informazioni al pubblico degli utenti.
La comunicazione politica si limita a ricalcare il modello commerciale. Io propongo, tu puoi solo accettare o rifiutare. Senza possibilità di mediare, comunicare, scambiare informazioni e opinioni. Come nei murale di Pompei. Come se blog, Internet, computer, telefoni, telegrafi e piccioni viaggiatori non fossero stati inventati.

Completezza dell'informazione

Per correttezza cito dal blog di Anna Scirè Calabrisotto un passo che in parte smentisce l'ottimismo verso la realtà americana che trasuda dal post precedente.

"E non gira tanto bene nemmeno all'estero dove pure i political blog americani sembrano non essere in grado di attirare troppo i cittadini e di influenzarli. Un'ultima ricerca condotta da HarrisInteractive dimostra che il 56% degli intervistati non legge i blog politici e, ancora peggio, il 69% dei lettori abituali non commenta."