giovedì 4 settembre 2008

Recuperiamo il recuperabile

Attraverso un elaborato algoritmo ho scoperto che se rimango sempre indietro di 7 giorni sui post, quando parlerò di oggi sarà già passata una settimana. L’unico rimedio è sintetizzare al massimo i giorni passati, cercando, ma non prometto niente, di non dilungarmi in inutili particolari (soprattutto di non aprire parentesi –o incisi- ).

Giovedì 28 agosto, il grande giorno per la ricerca della casa. Mi sveglio alle 8 e parto per l’università. Forse per lo sbalzo termico Italia-Olanda, sento un freddo terribile, così indosso l’unica giacca che ho portato con me: piumino d’oca da giorno di Natale in Italia. In realtà, dopo solo 15 minuti mi viene un caldo terribile (anche perché sotto ho un dolcevita e un maglione di lana) e per tutto il resto della giornata mi devo scarrozzare tenendola come un pacco questa giacca, che ovviamente provoca le reazioni divertite di ogni olandese che la nota. Alla Saxion, la mia Janny, sempre molto cortese, mi accompagna dalla responsabile del trovare case (“Housing” è il termine inglese, se lo avessi imparato prima di partire, forse le mie ricerche on-line avrebbero portato più frutti). Tale Kim, molto indaffarata come tutti gli olandesi (ma molto meno gentile della media) mi da una lista di agenzie di affitto, indicandomene solo una come “possibile”. Vado di corsa e alle 10 sono lì. Il proprietario turco mi dice di tornare a mezzogiorno, è il suo socio che si occupa degli studenti. Cerco di sfruttare le 2 ore per andare nelle altre agenzie, ma sono a piedi e le distanze sono davvero enormi (una città di 100.000 abitanti che abita quasi esclusivamente in case con un solo piano è per sua stessa natura molto estesa). Quando mi decido a comprare una bici è già ora di tornare alla mia agenzia di turchi. Enra Wonen (nome dell’agenzia) è quello che fa per me: niente liste, chi per primo paga la caparra diventa il possessore della camera. Mi da appuntamento per sabato, per vedere una camera insieme: la mia disperazione mi fa pensare che la accetterò qualunque essa sia, così decido che non ha senso continuare a cercare.
Nel pomeriggio primo grande successo. Cerco una bici, ma la voglio very cheap (economica). Un taxista mi indica un posto di fronte alla stazione (l’usato più economico viene 120 euro). Torno a chiedergli un posto più economico, e dopo un lungo peregrinare arrivo in quello che sembra un capannone industriale. “Cambio” è il nome, il proprietario ha le mani più sporche di morcia che la morcia stessa. Ha solo 2 bici da vendere, una a 45 e l’altra a 75 euro. Non capisco perché due prezzi diversi, a me sembrano identiche. Prima di me c’è un ragazzo cinese, ma tituba e io mi avvento su quella da 45, giusto un secondo prima che una ragazza olandese cerchi di fregarmela. La bici è mia (con qualche difficoltà di registrazione perché non ho un indirizzo). Mi sento in colpa per il cinese, che però mi spiega che la mia bici non l’avrebbe potuta prendere; capisco il perché di questo e anche del prezzo quando salgo. Deve essere appartenuta ad un gigante, perché anche sforzandomi, da fermo non riesco a toccare terra se non con la punta estrema del piede.
L’Olanda dalla bici è tutta un’altra cosa. I 4 chilometri per casa di Pietro diventano pochi minuti a fronte di una buona mezz’ora, e anche l’umore ne risente positivamente. Passo a fare la spesa per il mio ospite (in qualche maniera devo pure sdebitarmi) e vado a casa sua. La cena è un bel momento, very international, con i suoi coinquilini dalla Francia, dalla Spagna e dalla Bulgaria.

Venerdì 29 agosto. Mi sveglio tardi, Pietro, scavalcandomi, è già uscito. Penso che il giorno dopo potrò avere una camera tutta mia, e mi esalto abbastanza. Per uccidere il tempo vado a leggere un libro (in inglese, to improve my language) in un parco vicino (ma quanti cavolo ce ne sono a Deventer!). Poi inforco la bici e faccio un gran giro per la città storica, attraverso il ponte sul Ijssel costeggiando la strada a luci rosse, passo di fianco al campeggio dove avrei dovuto trascorrere la notte (e a cui ho dato pesantemente buca, tanto come nome per la prenotazione avevo usato il patriottico “Mr. Italy”) e ritorno a Deventer attraverso una pista ciclabile che corre parallela alla ferrovia. Ancora spesa (dolcetti per festeggiare) e per la terza e ultima notte dormo sul pavimento di Pietro.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Sembrano le avventure di chissà quale eroe delle fiabe... finalmente hai un tetto sulla testa, mi compiaccio con te!
PS: e tu con una turca di 40 anni te ne volevi uscire con la pizza???? O big stecca di sigarette o pagamento in natura caro...